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Il reddito di base potrebbe funzionare in Italia?

È passato poco meno di un anno da quando in Svizzera un referendum popolare ha bocciato il reddito di base che avrebbe garantito 2.500 franchi al mese (circa 2.250 euro) a ogni abitante, indipendentemente dal fatto che fosse lavoratore o meno. La Finlandia, al contrario, ha detto di sì e dall’inizio di quest’anno ha avviato un programma che prevede una sorta di contributo pari a 560 euro al mese, ma solo per chi non ha lavoro e riceve il minimo del sussidio di disoccupazione.
Qualcosa di analogo, infine, accade anche in Canada: 1400 dollari canadesi (quindi poco meno di mille euro) per chi appartiene alle fasce di reddito più basse (e quindi indipendentemente dal fatto che lavori oppure no).

E in Italia? Alcune formazioni politiche ne parlano, altre ne fanno uno dei principali cavalli di battaglia. Ma, politica a parte (perché non si tratta di questo!),

nel nostro Paese secondo voi il reddito di base potrebbe funzionare? E se sì, come?

Non conosciamo ancora i risultati degli esperimenti finlandesi o canadesi, proprio perché in entrambi i casi si tratta di progetti pilota. Istintivamente e a costo di sembrare pessimista però, penso che un sistema del genere in Italia difficilmente potrebbe funzionare purtroppo.
Nel nostro Paese vedo spesso persone che rifiutano un impiego perché, tra contributi di disoccupazione e un po’ di lavoro in nero, finiscono per guadagnare di più che non andando a lavorare regolarmente. Non si può fare di tutta l’erba un fascio, ma la cultura che pare esserci in Italia tende spesso a prendere questa piega: si ignora l’aspetto sociale e si bypassa senza remore quello morale, e l’unico aspetto che conta è quanto si è riusciti ad accumulare alla fine del mese. Fare le proprie valutazioni anche in funzione del compenso non è certamente sbagliato, cercare di forzare il sistema per ottenere il massimo con il minimo sforzo credo invece che lo sia.

Alla luce di queste considerazioni mi domando e vi domando anche:

quante persone sarebbero ancora disposte a lavorare dopo aver cominciato a percepire un reddito di base?

Guardate per esempio quello che è successo in passato con la cassa integrazione. Si tratta di un ammortizzatore sociale diverso, ma il senso poi di fatto è lo stesso. Indipendentemente dalla reale necessità economica o meno, ci sono state aziende che ne hanno fatto (e forse ne stanno ancora facendo) un ampio utilizzo, a volte ai limiti della legalità.
Non è anche questa una forzatura del sistema? La cassa integrazione dovrebbe essere un supporto per le aziende in momentanea difficoltà, sgravandole in parte dei costi di quella manodopera temporaneamente non utilizzata, a fronte però di un progetto di ristrutturazione concreto.
Ma questo accade davvero? In alcuni casi forse sì, ma non certo in tutti…

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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