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Non dimenticare di valorizzare le risorse umane, gratificarle economicamente e professionalmente

È risaputo che in genere, quando si verificano situazioni critiche, le comunità si uniscono.
Una conferma l’abbiamo ricevuta anche dalla nostra “MICRO” comunità il mese scorso, quando abbiamo deciso di far fare ai dipendenti di MICROingranaggi il test sierologico per il Covid-19, così da tracciare una sorta di “linea zero” e poter ripartire, dopo la chiusura estiva, cercando di creare una situazione di maggior sicurezza in un momento, ahimè, molto particolare.
L’aspetto che mi ha colpito (su cui speravo, ma che non potevo dare per scontato) è stato che tutti hanno aderito. TUTTI. Se anche una sola persona avesse deciso di non partecipare, l’intera operazione non avrebbe avuto senso. E invece hanno aderito tutti.

Ne sto parlando, perché vorrei dedicare il post di oggi alle risorse umane. Alle persone che lavorano nelle aziende e che spesso, insoddisfatte per svariate ragioni, finiscono per cambiare posto di lavoro. Anche quando avevamo deciso di investire su di loro, facendovi quindi un certo affidamento.

Qualcuno di voi ha commentato un mio post di qualche settimana fa scrivendo, in buona sostanza, che ci sono giovani che appena formati e dopo aver preso coscienza delle proprie potenzialità scelgono di “prendere il volo per nuovi e stimolanti lidi”.
Certo, questa è una possibilità. Ma, se ci pensiamo bene, è giusto che lo sia.

Ciascuna persona ha il sacrosanto diritto di cambiare posto di lavoro e andare dove crede possa essere meglio per lei.

Questa però non è, a mio avviso, una buona ragione per non investire in un giovane senza esperienza o per non far fare formazione al personale (lo scrivo in generale, e non perché chi ha commentato il post consigliava di non far fare formazione. Niente affatto. Non era questa la tesi del suo commento, e ci tengo a precisarlo).

Detto ciò, aggiungo però anche che

noi aziende dovremmo metterci “del nostro” per cercare di valorizzare le risorse che assumiamo. Economicamente e professionalmente, in modo da motivarle e farle restare e crescere con noi.

E, sempre noi aziende, dovremmo cercare di rispettarle, coinvolgerle, dar loro fiducia, responsabilità e il giusto riconoscimento quando è meritato. Senza mai dare nulla per scontato.

Sono convinto che questo discorso valga un po’ per tutte le professioni, anche se per alcune è più facile coinvolgere che per altre.
Prendiamo, per esempio, il caso del progettista di cui parlavo qualche settimana fa. E in particolare di un progettista che lavora in un ufficio tecnico come potrebbe essere il nostro; un ufficio tecnico piccolo, nel quale è opportuno imparare a fare un po’ di tutto. Le richieste che riceviamo dai clienti, inoltre, sono le più disparate e questo è prezioso per un tecnico “curioso”. Pensate solo che per noi è la norma lavorare quasi contemporaneamente su arti protesici, apparecchiature aeronautiche, strumenti elettromedicali, robot, racing automobilistico, applicazioni militari e via dicendo. Senza contare che spesso riceviamo richieste anche da comparti del tutto nuovi e dove, pertanto, c’è molto da imparare. Da noi, in altre parole, è difficile annoiarsi.

Ed è proprio la noia un’altra grande causa di “abbandono” di un’azienda da parte di una persona.

Sono in MICROingranaggi dal 1984 e, da allora, è capitato che qualche dipendente se ne sia andato via. È naturale e fisiologico che sia successo. Quello che però mi dà una certa serenità è che, fatta forse eccezione che per una persona, chi ha scelto di andarsene lo ha fatto sostanzialmente perché voleva cambiare mestiere e non perché non fosse soddisfatto della nostra azienda o del trattamento ricevuto.

Mi piacerebbe riuscire a fare dei colloqui periodici con le risorse di MICROingranaggi, ma purtroppo non ho la possibilità di farlo per la mancanza di tempo. Fortunatamente non ci sono ancora stati grandi segnali di malcontento e quindi non si è mai verificata una reale necessità.
Tempo fa però abbiamo dato il via a una iniziativa che pensiamo di riuscire a far partire a breve. Si tratta di un modulo di soddisfazione da far compilare periodicamente ai nostri dipendenti così da avere sotto controllo la situazione, capire cosa effettivamente funziona bene e cosa invece non va.

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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