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Cosa dovrebbe fare chi è stato eletto a sostegno dell’imprenditoria o dell’economia italiana?

Le elezioni ci sono state e tutti sappiamo bene come sono andate. Ora, senza scendere nel merito di quanto sia o non sia soddisfatto dell’esito, vorrei fornire qualche spunto di riflessione su

cosa, secondo me, dovrebbe fare chi è appena stato eletto a sostegno dell’imprenditoria o dell’economia italiana.

Qualche settimana fa ho scritto che il Piano nazionale Industria 4.0 (ora Impresa 4.0) attuato dal Ministero dello Sviluppo economico è stata una grande manovra per l’economia italiana. Verissimo e lo ribadisco. Credo però che per il nostro paese questo non sia sufficiente. Il mio pensiero infatti va inevitabilmente alla miriade di micro e piccolissime imprese che costituiscono una grandissima parte del nostro tessuto industriale e che – per vari motivi – non riescono ad accedere alle agevolazioni del piano industriale.

Queste realtà sono la nostra ossatura e non possiamo pensare di abbandonarle alla deriva.

L’accesso a fondi pubblici e incentivi è spesso complesso. Le procedure necessarie sono macchinose e, il più delle volte, richiedono l’appoggio di consulenti specializzati che hanno dei costi non irrisori da sostenere. Per questo penso che

tariffe calmierate o convenzionate e procedure semplificate darebbero forse la possibilità anche alle piccolissime imprese di accedere a questo genere di agevolazioni.

Gli aiuti, poi, potrebbero toccare la formazione. Quante volte ne abbiamo parlato in questo blog? Eppure non posso che essere amareggiato quando vedo che corsi di vario genere ai quali abbiamo iscritto il nostro personale vengono annullati per mancanza di adesioni. Si tratta di un problema di fondo che è culturale o di tipo economico? Oppure cos’altro?
Credo, in ogni caso, che

una delle strade importanti da perseguire sia quella di incentivare economicamente la formazione delle imprese, a partire da quelle individuali o a conduzione familiare.

Questo – per essere del tutto onesti – in parte viene già fatto, ma sicuramente non è abbastanza pubblicizzato, o – quantomeno – non a tutti i livelli, con la conseguenza che forse chi ne avrebbe più bisogno finisce per restarne tagliato fuori.

Un altro punto da sviluppare è quello di aiutare le microimprese sul fronte delle esportazioni.

Per esempio attraverso agevolazioni fiscali legate alla partecipazione a manifestazioni estere, o anche – e qui devo inevitabilmente tornare a parlare di formazione – attraverso il finanziamento di corsi linguistici, perché – come ben sappiamo – la carenza in tema di lingue straniere è uno dei problemi più grandi che affligge non pochi professionisti nel nostro paese.

Poi c’è la questione legata ai costi eccessivi.

Quattro anni fa scrivevo che i costi troppo alti a cui l’industria manifatturiera italiana è costantemente sottoposta (tasse, prezzo benzina, prezzo energia elettrica, costo del personale a causa delle imposte eccessive, e così via) finiscono per bloccare ogni possibilità di crescita.
A occhio e croce direi che la situazione non è cambiata. Per aumentare le vendite, infatti, non poche imprese italiane si sono trovate a erodere profitti, come dimostrano le retribuzioni che tendono drasticamente a contrarsi in funzione di margini sempre più ridotti.
Ritengo quindi che questo sia un altro importante obiettivo su cui i nostri politici dovrebbero lavorare, anche se credo che sia uno dei più difficili da raggiungere, soprattutto se pensiamo che in campagna elettorale TUTTI i gruppi politici si sono focalizzati su promesse impossibili da mantenere, invece che su richieste di sacrifici a fronte di una riduzione del debito pubblico e delle spese di gestione. La strategia usata fino a oggi è stata infatti quella di non affrontare il problema del debito pubblico (che continua inesorabilmente a crescere rimandando la risoluzione alle generazioni future), e questo purtroppo è accaduto sostanzialmente perché – fatto assai grave – il pensiero politico dominante difficilmente va oltre l’immediato.

In ultimo vorrei tornare nuovamente su un tema a cui già avevo fatto cenno in passato.

Il saper lavorare insieme è sempre più importante in ottica di crescita e di competitività, ma in Italia difficilmente si fanno alleanze. Questo, secondo me, è un problema che andrebbe affrontato più da un punto di vista culturale che politico.

Non molto tempo fa ho avuto il piacere di conoscere un giovane imprenditore di una piccola azienda meccanica piemontese con idee decisamente aperte e innovative, motivato, con molta passione per la sua professione e ancora molto legato e affezionato ai suoi collaboratori. Queste sono le persone di cui abbiamo bisogno, menti aperte con le quali è possibile pensare ad aggregazioni e sinergie che portano ad aumentare la competitività e la conoscenza. Speriamo che le nuove generazioni siano il getto di acqua fresca e limpida che ci consentano di fare anche questo importante salto di qualità!

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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