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Disegni tecnici: competenze necessarie e difficoltà da affrontare

Buongiorno a tutti,
prima di salutarvi e augurare a tutti voi buone feste, vorrei chiudere l’anno riprendendo un tema di cui ho parlato qualche tempo fa, ma che continuo a considerare molto attuale (e problematico). Mi riferisco alla difficoltà nel realizzare disegni tecnici da parte di molti giovani progettisti.
In un vecchio post scrivevo che un disegno tecnico deve essere univoco, completo e interpretabile da tutti, e al tempo stesso deve apparire ordinato ed equilibrato. Perché un disegno tecnico è il biglietto da visita di un’azienda.

Confermo quanto scritto in passato, ma devo purtroppo constatare che – per quella che è la nostra esperienza diretta di questi ultimi anni – la maggior parte dei progettisti meccanici che si affaccia oggi al mondo del lavoro ha parecchie difficoltà a realizzare disegni tecnici univoci, completi e interpretabili da tutti. Al punto che, per esempio, è diventata quasi la norma ricevere richieste di preventivo per la produzione di una componente meccanica, nelle quali vengono omesse informazioni fondamentali (come l’indicazione del materiale, le tolleranze geometriche, le tabelle di dentatura, le finiture superficiali, e così via). Dati essenziali senza i quali un preventivo non può essere emesso correttamente.
Ma non solo. Tenete presente che ci sono “dettagli”, come potrebbe essere per esempio una tolleranza sbagliata, che arrivano a far costare la produzione di un pezzo anche tre volte tanto.

Mi sono sempre chiesto come questo fosse possibile e in parte attribuivo la responsabilità alle nuove tecnologie che – seppur molto utili perché semplificano buona parte del lavoro automatizzandola – spesso fanno sì che il progettista dia per scontato che il lavoro del software sia sufficiente e non si preoccupi di ricontrollarlo. Quello che scrivevo è vero, ma c’è dell’altro. Recentemente mi hanno fatto notare un fattore decisamente importante.

I disegni tecnici vengono eseguiti a CAD e fin qui nulla di che. Ma chi insegna di solito ai ragazzi come fare a realizzarli? Un ingegnere meccanico? No. Lo fa un professionista che conosce perfettamente il software, ma che, nella maggior parte dei casi, è poco preparato di meccanica.

Ora, che un esperto di software sappia poco di meccanica di per sé ci può anche stare, ma se deve insegnare disegno tecnico a dei ragazzi che poi dovranno farlo di mestiere è un problema. Il risultato infatti è che quell’insegnante sarà in grado di spiegare perfettamente come funziona il software con tutte le sue funzionalità, ma,

non essendo competente in meccanica, non conoscerà e non potrà trasmettere ai ragazzi tante nozioni importanti ed essenziali.

Questo discorso vale soprattutto se consideriamo che oggi alla facoltà di ingegneria meccanica i corsi di disegno tecnico sono, a mio avviso, decisamente pochi rispetto a quanti dovrebbero essere data l’importanza che questa fase ricopre nel processo di sviluppo di un prodotto. Pertanto, se un giovane studente di ingegneria arriva da un istituto tecnico, può in qualche modo anche cavarsela, ma – com’è noto – alla facoltà di ingegneria meccanica possono accedere ragazzi che hanno frequentato qualsiasi scuola superiore. E non sono pochi gli studenti ad avere un background tecnico di partenza scarso.

Quale soluzione? L’unica che mi sembra al momento plausibile è che i giovani di oggi imparino questo mestiere direttamente sul campo, nel corso degli anni, facendosi formare da meccanici di vecchia data in grado di trasmettere un mestiere. Spesso però questa lunga fase di formazione viene sottovalutata dalle imprese…

Buon Natale a tutti e a presto!

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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