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Dal settore Punti di vista

Quando conviene diventare fornitori in free pass?

Oggi vorrei parlare di fornitori in free pass, di quando conviene diventarlo e quando invece no.
All’inizio dello scorso dicembre scrivevo che non è così raro imbattersi in produttori che, pur consapevoli di aver realizzato pezzi che non vanno bene, piuttosto di rifarli, li consegnano comunque, omettendo qualsiasi documentazione di accompagnamento che possa provare una non conformità e, di fatto, sperando che il cliente non se ne accorga. Alla luce di questa situazione vi domando:

Sono davvero inutili i controlli in accettazione?

Intanto va sottolineato che il controllo qualità, com’è noto, è un costo e pertanto andrebbe evitato se non necessario. Il ragionamento secondo il quale “se si ha fiducia nel proprio fornitore, allora i controlli in accettazione non servono” non è così sbagliato e segue una sua logica ben precisa. Se un mio fornitore mi dice che i pezzi che ha realizzato vanno bene perché li ha controllati e me lo documenta, perché mai dovrei controllarli un’altra volta? Perché non mi fido? Ma la mancanza di fiducia costa, e allora tanto vale eliminare i fornitori di cui non ci si fida e affidarsi completamente agli altri.

Questo discorso non fa una piega, ma generalmente le cose non sono così semplici.
Com’è noto, il cosiddetto “free pass” è una modalità di fornitura ben precisa che prevede una completa mancanza di controllo della merce in ingresso e la sua conseguente diretta introduzione nella linea produttiva. Una procedura precisa, supportata da accordi scritti e che comunque presuppone una fiducia totale nel fornitore.

Perché però dall’altra parte, vale a dire quella del fornitore, a volte il free pass non viene accettato o comunque non è sempre visto di buon occhio? Per una ragione ben precisa.
Quando un fornitore non in modalità “free pass” consegna della merce, in caso di non conformità di uno o più pezzi sarà responsabile solo di quelli e del loro valore. Nel momento invece in cui un fornitore accetta la modalità free pass e quindi accetta che la sua merce non venga più controllata in ingresso, nel caso in cui uno o più articoli della sua fornitura sono difettosi e quindi responsabili di un fermo della linea produttiva, allora tale fornitore non sarà più responsabile solo del pezzo non conforme consegnato, ma anche del fermo linea.

Può sembrare un discorso banale, ma non lo è. Il free pass a volte viene visto come una sorta di premio al fornitore, che porta innumerevoli vantaggi su tutti i fronti.

Molte aziende non sanno che accettare di diventare un fornitore in free pass significa anche accettare tutta una serie di responsabilità che spesso non sono così chiare in partenza.

Ma allora quando accettare di diventare un fornitore in free pass?
Prima di tutto vanno stabilite e messe per iscritto a priori con il cliente le responsabilità di cui ci si dovrebbe far carico nel caso in cui si accettasse questa modalità, e poi si valuta. Già facendo questa specifica e tutt’altro che scontata richiesta, ci si mette già nella posizione di non passare per sprovveduti e quindi sarà molto più probabile raggiungere un accordo ragionevole per entrambe le parti.

A volte rifiutando la modalità in free pass si ha il timore di essere visti come fornitori con la coda di paglia che già sanno in anticipo che andranno a consegnare pezzi non conformi. In realtà non è assolutamente così. Pur avendo nella propria azienda un reparto controllo qualità che funziona, e pur avendo stabilito a priori una griglia di controllo in linea con il tipo di prodotto che si va a realizzare, l’infallibilità è una dote che nessuno ha. Pertanto è molto importante ragionare sul valore dei pezzi che si stanno andando a consegnare in relazione con il valore della linea produttiva a cui tali pezzi sono destinati. Se, per esempio, i pezzi in questione hanno un valore molto ma molto più basso della linea, vien da sé che il rischio oggettivo che ci si va ad assumere non è commisurato e quindi in questo caso sarebbe meglio non accettare di diventare fornitori in free pass. Chiaro è, però, che neppure questo discorso può essere generalizzato e che ogni situazione andrebbe valutata a sé prestando attenzione anche a tutti gli elementi di contorno (per esempio il valore della richiesta a livello commerciale, o la confidenza che abbiamo con la realizzazione di quello specifico prodotto).

Voi cosa ne pensate? Quando ha senso accettare di diventare un fornitore in free pass e quando invece è troppo rischioso?

di Stefano Garavaglia

È il CEO di MICROingranaggi, nonché l'anima dell'azienda.
Per Stefano un imprenditore deve avere le tre C: Cuore, Cervello, Costanza.
Cuore inteso come passione per quello che fa, istinto e rispetto per il prossimo. Cervello inteso come visione, come capacità a non farsi influenzare da situazioni negative. Costanza perché un imprenditore non deve mai mollare.

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